"Figli di Roma, capitani e bandiere... questo è il mio vanto che non potrai mai avere". 

Così recitava uno striscione della Curva Sud posto al di sotto di una splendida coreografia, eseguita prima del derby passato alla storia per il selfie di Totti, che ritraeva i volti dei giocatori più rappresentativi della storia della Roma. In particolar modo dopo l'addio di Totti e di De Rossi, si respirava un'aria pesante nella Capitale, quasi di paura. Quella paura di non riuscire più a trovare colui che sarebbe stato in grado di incarnare quei valori romani e romanisti che tanto bene erano stati assimilati dai due eterni capitani giallorossi. 

Alessandro Florenzi sembrava esser pronto a raccogliere il testimone ma, per motivi ancora oggi ignoti, le strade con la Roma si sono divise. Solo in quel momento, in questo senso, i tifosi hanno preso in seria considerazione Lorenzo Pellegrini. Nel primo anno alla Roma in prima squadra, tornato dal prestito al Sassuolo, le prestazioni del numero 7 giallorosso sono sempre passate in sordina. Non essendo un titolare inamovibile della rosa, se ne parlava relativamente poco. Con l'arrivo di Fonseca le aspettative nei suoi confronti sono cambiate, i numeri, soprattutto in termini di assist, sono diventati importanti e per qualche settimana hanno fatto impazzire i tifosi, tanto da portarli a pensare che forse sarebbe potuto essere lui il rappresentante che stavano cercando. Occhi e riflettori puntati contro, aspettative alte, forse troppo. Ogni piccolo errore, anche e soprattutto lo scorso anno, è diventato motivo di critica per molti, dentro e fuori dal campo. A partire dalle prestazioni anonime, fino ad arrivare agli auguri via social a Ciro Immobile, suo grande amico ma con un'unica e grande "colpa": essere il capitano della Lazio. Il gesto non è passato inosservato e le critiche sono piovute sulla testa di Lorenzo come grandine dal cielo. Rinnegato da una fetta di tifosi, il futuro di Pellegrini alla Roma non si prospettava semplice. 

Nonostante questo, i Friedkin e Mourinho, quest'ultimo arrivato a Luglio nella Capitale, non hanno esitato un secondo a metterlo al centro del progetto societario. Maglia da titolare, fascia da capitano al braccio e rinnovo del contratto fino al 2026. "Se avessi 3 Pellegrini, giocherebbero tutti e tre". Mourinho le idee chiare le ha sempre avute. Galvanizzato dalla fiducia della società e del proprio allenatore, non di certo l'ultimo arrivato, Pellegrini si è preso in mano la Roma e, a suon di gol, assist e prestazioni superlative, ha cominciato a trascinarla. Leader. Gli scettici non hanno potuto far altro che ricredersi, impensabile non farlo. Non sarebbe abbastanza citare i 6 gol realizzati in 8 partite tra Serie A e Conference League. Corsa, grinta, determinazione, leadership, attaccamento, qualità, quantità. Il giocatore che fa da raccordo tra centrocampo e attacco, che si abbassa non solo quando la palla c'è da venire a prenderla, ma anche quando c'è bisogno di riconquistarla. Un giocatore totale, pronto a prendersi la sua squadra sulle spalle e a trascinarla il più lontano possibile. La Roma ha trovato l'essenza del Capitano in un altro suo figlio. La tradizione continua.


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