Quest’anno a San Pietro oltre ai Re Magi sono arrivati altri personaggi, all’apparenza singolari ma in realtà molto significativi. È questo il “Presepe Monumentale” di Castelli, un racconto che accosta alla tradizione più classica del presepe, l’attualità di un mondo in divenire. Un mondo che non si allontana e ignora la tradizione, come spesso il moderno accenna a fare, ma si inserisce nel contesto fondendosi nell’atmosfera. E allora ecco che fra i Re Magi, gli animali e i pastori a far visita a Gesù nato arriva anche un astronauta.

L’uomo moderno non più spettatore distante, dall’altra parte della staccionata, ma protagonista di questo cammino, anche religioso. È vero, molte sono state le critiche, non si capisce se per l’aspetto delle opere o per il messaggio che rappresenta, ma rimango convinta che siano state superficiali, avventate e onestamente anche inutili viste le innumerevoli conferme che questa opera ha avuto nel corso del tempo in giro per il mondo. La storia è quella di un paese, l’Italia, che è in grado nel dopo guerra di riprendersi, di reinventarsi e credere in quelle energie nuove che la Triennale di Milano nel ‘54 metterà in moto. A Castelli, cittadina abruzzese, ai piedi del Gran Sasso, da secoli uno dei maggiori centri della ceramica italiana, la città è in piena ricostruzione e sta ponendo le basi del miracolo economico. Proprio la triennale metterà in luce le abilità tecniche e creative di tanti artisti di Castelli e nasceranno nuove collaborazioni e progetti che porteranno nel ‘65 all’inizio del progetto del Presepe Monumentale.

Nel decennio che va dal 1965-1975 l’ Istituto d’Arte “F.A. Grue” organizzò la sua attività didattica attorno al tema natalizio e produsse, con mirabile intesa di allievi e professori, le 54 statue a grandezza naturale offerte oggi alla suggestione del visitatore.

Il primo gruppo, costituito dalla Sacra famiglia (la Madonna, S. Giuseppe e il Bambinello) fu realizzato insieme con lo zampognaro, la pastorella con brocca, il suonatore con flauto di Pan, la bimba con bambola.Artefici ispiratori furono Serafino Mattucci, allora direttore e animatore dell'Istituto, i professori Gianfranco Trucchia e Roberto Bentini. Corale ed entusiasta fu la partecipazione attiva degli alunni e di tutto il personale tecnico della Scuola.

Successivamente la prosecuzione del lavoro ha registrato nel corso degli anni gli avvenimenti della contemporaneità sociale, mettendo in sintonia di volta in volta l’evento "presepe" con la conquista della Luna, il Concilio Vaticano II, l’abolizione della pena di morte.

Oltre che a Castelli, dove la prima esposizione avvenne sul sagrato della Chiesa Madre nel dicembre del 1965, il Presepe nel Natale del 1970 fu esposto ai Mercati di Traiano a Roma e qualche anno dopo, per circa tre mesi, a Gerusalemme, Betlemme e Tel Aviv. Il successo e l’apprezzamento furono enormi, purtroppo anche i danni subiti da alcune statue nei vari spostamenti furono grandi e va premiata anche una paziente e accurata opera di restauro

Meritano sicuramente maggiore attenzione le figure del primo periodo ossia la Madonna, San Giuseppe e il Bambinello, in quanto stilisticamente condizionano anche le opere successive.

E sullo stile sono molte le critiche ma credo che proprio lo stile renda uniche e riconoscibili come un marchio di fabbrica queste opere. Il corpo è una colonna su cui poggia come testa una sfera. Le altre parti del corpo quasi inesistenti, i volti fanciulleschi e i colori tenui regalano un’armonia alla vista che si discosta dall’incisiva caratterizzazione dei personaggi della tradizione ma rende a mio parere quasi tutto più spirituale, una dimensione eterea per lo spettatore. Spettatore che però si riconosce nel contesto, perché la sua storia è inserita fra i personaggi. Ripeto molte sono state le critiche e invece io vorrei lanciare una sfida, portare avanti il lavoro e inserire nuovi personaggi e quindi nuovi momenti significati che il mondo si è trovato a vivere, come purtroppo quello di questo ultimo anno.


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